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venerdì 28 maggio 2010

STORIA DEL CEMENTO DEPOTENZIATO

Il cemento depotenziato sembra essere entrato nell’uso comune nella costruzione di opere pubbliche e di edifici privati.
Il cermento armato è regolato da una legge molto precisa che fissa i dettami normativi, i controlli, le modalità d’esecuzione dei lavori, i collaudi sia in corso d’opera che definitivi.
Eppure si sente sempre più spesso e si può constatare che molte strutture costruite in cemento armato sono crollate in caso di terremoto in barba alle leggi ed ai controlli previsti.
Alcuni anni fa nell’arco di una quindicina di giorni due palazzetti dello sport in Sicilia si sono collassati, per fortuna di notte.
Uno di essi, costruito in un paese nella zona centrale della Sicilia, era stato costruito con cemento 325 mentre il progetto prevedeva il 525 e furono rilevate imperfezioni nello spessore della volta in parete sottile.
Quell’opera si direbbe che fosse stata costruita per crollare e meno male che il crollo si è verificato di notte perché al pomeriggio precedente il crollo si era svolta una manifestazione all’interno della struttura con la presenza di oltre settecento persone.
Circa sessanta anni fa il calcestruzzo veniva impastato usando esclusivamente sabbia di fiume e brecciolino ottenuto dalla frantumazione di pietre.
Molto spesso le rocce calcaree da cui si otteneva il brecciolino erano troppo tenere e il calcestruzzo che ne derivava era di qualità scadente, tanto che oggi quelle opere sono state quasi del tutto demolite.
Una cinquantina d’anni fa al posto della sabbia di fiume si cominciò ad usare la sabbia marina.
Inizialmente si diceva che dovesse essere lavata per eliminare il sale, ma non se ne fece nulla e la salsedine affiorò e affiora anche oggi nella parte bassa delle costruzioni là dove l’umidità che risale dal sottosuolo esanta le funzioni corrosive del sale.
Nello stesso periodo si scoprì che mescolando alla sabbia marina una sabbia chiamata “di frantoio”, cioè una sabbia ottenuta come risultato polverulento nella frantumazione delle pietre calcaree, il calcestruzzo aveva un aspetto più “grasso”, cioè senbrava che fosse stata impiegata una quantità di cemento superiore a quello che in realtà era stato impiegato.
Ancora oggi, anche nei piccoli lavori, si ordina la sabbia metà di mare e metà di frantoio.
Nel calcestruzzo è normale circa il 40% di sabbia e l’80% di brecciolino, in tal modo la sabbia occupa gli spazi lasciati vuoti nella massa del brecciolino.
Il tutto viene cementato dalla reazione che avviene tra il cemento e l’acqua dell’impasto.
La quantità d’acqua deve essere la minima possibile, perché altrimenti il prodotto finito risulta molto scadente e la resistenza del cemento ottenuto dalla presa del calcestruzzo risulta anche minore di un terzo di quella prevista in progetto.
Un cemento previsto di avere una resistenza a compressione di 300 kg/cm^2 (uso le vecchie unità di misura), non arriva ad avere nemmeno 100 kg/cm^2.
Tutto il progetto va a farsi benedire e in caso di terremoto la struttura crolla com’è accaduto a L’Aquila alla Casa dello Studente.
L’aggiunta dell’acqua è richiesta per migliorare la lavorabilità dell’impasto il che fa comodo sia a chi deve stendere il calcestruzzo nelle casseforme, sia a chi lo deve pompare.
Vengono aggiunti degli additivi fluidificanti ma in realtà quella che si aggiunge abbondante è l’acqua.
Nel caso dell’Ospedale di Agrigento è stata prelevata una carota da un pilastro.
Mi ha sorpreso il fatto che il buco è risultato dal contorno molto netto e sembra evidente che sia stato evitato di tranciare l’armatura di acciaio del pilastro, che almeno poca ma ci doveva pur essere.
Da notare che il cemento in uso attualmente risulta più scuro rispetto al passato, poiché è additivato con sostanze particolari, e la stessa sabbia marina ha un colore grigio scuro.
La “carota” risultante vista alla televisione è sembrata di colore molto chiaro e dall’aspetto sabbioso.
Questo risultato si ottiene quando l’acqua d’impasto è eccessiva.
Se si passa il pollice sulla superfice laterale si può notare che la carota si sfalda facilmente come se fosse stata fatta con sola sabbia.
Lo stesso risultato si raggiunge se una quota parte del cemento è stata sostituita da sabbia di frantoio.
In questo caso si parla di cemento depotenziato con sabbia.
Mi sembra che questa tecnologia costruttiva sia entrata ormai nell’uso comune.
In caso di terremoto non saranno poche le costruzioni che rischiano di venire giù.
Le responsabilità non riguardano una singola persona.
Il progettista normalmente è un ingegnere esperto, che svolge i calcoli della struttura in cemento armato al computer e difficilmente si sbaglia.
Occorre accertare la documentazuione inerente il confezionamento del calcestruzzo per verificare se il calcestruzzo ordinato corrisponde a quello di progetto, a quello fatturato e consegnato.
Non è da escludere che l’impresa edile abbia richiesto del calcestruzzo depotenziato.
Le responsabilità sono chiaramente di natura penale.
Il capo cantiere e il direttore dei lavori difficilmente potranno chiamarsi fuori avendo l’obbligo di sorvegliare lo svolgimento dei lavori.
Prima di ogni gettata di calcestruzzo è previsto per legge che si confezionino dei cubi di prova, che poi verranno rotti per compressione dopo 28 giorni.
I certificati rilasciati dall’ufficio che ha effettuato le prove sono elementi importanti, perché occorrerà spiegare come mai un cemento la cui prova risultava di 300 kg/cm^2 è invece risultato avere una resistenza inferiore a 100 kg/cm^2.
Occorrerà accertare se il certificati rilasciati sono stati in qualche modo taroccati.
I collaudatori , in particolare quello in corso d’operra, cosa hanno controllato?
Non si sono accorti che il cemento risultava di qualità inferiore a quella prevista in progetto?
Quello che impressiona è che ormai questa è diventata la tecnologia costruttiva attuale.
La magistratura sta intervenendo, ma quante pastoie dovrà affrontare?
Questo delle costruzioni dal cemento taroccato sembra essere un affare così colossale che ha tutte le caratteristiche perché sia messo tutto a tacere.

1 commento:

MARTINODB ha detto...

Complimenti per l’articolo che, per un non addetto ai lavori, risulta puntuale e fin troppo informato.
Mi sento comunque di rilevare, per non dare messaggi che creino confusione, che il calcestruzzo “depotenziato” non esiste come tipologia proponibile ma solo come conseguenza di un reato e quindi come anomalia. Mettendo in essere un comportamento illegale e commettendo un grave reato si alterano dolosamente i rapporti di dosaggio creando un materiale diverso da quello deciso dal progettista per la realizzazione della struttura. La triste realtà e che questo non potrebbe avvenire senza la “disattenzione” o collusione del Direttore dei lavori che fra i suoi compiti principali ha il dovere di accettare i materiali in cantiere e predisporre i controlli di accettazione previsti dalla norma seguendo procedure che non lascino spazio al malaffare. Anche i getti e quindi l’abusiva aggiunta d’acqua e la protezione del getto durante l’indurimento rimane sotto la responsabilità del Direttore dei lavori.
Altra precisazione doverosa è che la resistenza del calcestruzzo non è fra le cause principali dei crolli in seguito agli eventi sismici. L’esperienza ormai corposa ha evidenziato che quello che rileva in maniera sensibile sui crolli strutturali sono le mancanze in ordine ai particolari costruttivi come la sottovalutazione dell’importanza delle “staffe” nei pilastri e nelle travi e della cura nella realizzazione dell’intersezione trave-pilastro spesso priva di armature di contenimento. Oggi la nuova normativa 2008 richiama all’attenzione tale aspetto e raccomanda di realizzare strutture ad alta duttilità anche sacrificando un poco di resistenza dei materiali. Concetti un poco ostici ma che fanno la differenza fra le strutture. Questo per raccomandare ai vari committenti di pretendere che la direzione dei lavori sia particolarmente accurata perché, più che nel calcolo, la sicurezza si gioca nella realizzazione dei particolari costruttivi senza naturalmente trascurare che venga usato il calcestruzzo di resistenza prevista spendendo qualcosa in più per gli additivi fluidificanti per annullare il pericolo delle aggiunte d’acqua fuori dosaggio.

Purtroppo, per la mia ormai lunga esperienza nel campo, posso affermare che si vedono committenti sempre più disponibili a spendere cifre pazze per gli accessori del bagno ma che cercano il risparmio nel costo dei materiali strutturali e, perché no, anche del professionista che deve seguire i lavori.