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giovedì 23 aprile 2009

UN SENSO DI CIVILTA'

Raccolta differenziata: dal 2% del 2008 al 13, 25% del marzo 2009
Notevole incremento della percentuale di rifiuti differenziati, ad appena tre mesi dall’attivazione del servizio. I dati confermano che i cittadini si impegnano sempre più per separare i loro rifiuti. Nel solo mese di marzo, infatti, la percentuale di raccolta ha raggiunto il 13,25 %, mentre nell’intero anno 2008 si era registrato un bassissimo 2,02%. Secondo i dati forniti da Giuseppe Gioia, dell’ufficio comunale Ambiente, nel mese di marzo sono stati raccolti 69.750 chili di rifiuti differenziati così suddivisi: 17.340 chili di rifiuti organici, 16.200 chili di cartone, 3730 chili di materiale ferroso, 1.330 chili di frigoriferi, 5.500 chili di apparecchiature elettriche, 3.210 chili di plastica, 3.920 chili di legno, 20 chili di pile esauste, 1.120 chili di prodotti tessili, 60 chili di farmaci scaduti, 6.270 chili di carta, 8.070 chili di vetro, 2.980 chili di verde. Rifiuti solidi urbani 526.440 chili. Risultato assolutamente positivo che conferma un trend costante di crescita nel conferimento e raccolta di rifiuti differenziati. L’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Marzio Bresciani, si è impegnata in una campagna di sensibilizzazione, denominata “Ogni cosa al suo posto”, attivata dall’assessorato all’Ambiente retto da Marilena Barbara, per informare la cittadinanza sul servizio di raccolta differenziata e sul corretto conferimento dei rifiuti, “I cittadini si stanno impegnando nella raccolta differenziata -dice il sindaco Marzio Bresciani- ma occorre acquisire ancora maggior senso civico, soprattutto per i rifiuti indifferenziati. Spesso non vengono rispettati orari e modalità di conferimento: i sacchetti con i rifiuti vengono lasciati nei cassoneti anche in orari e giornate in cui non è consentito(come il sabato pomeriggio). E’ importante richiamare alla necessità di raccogliere in modo differenziato, anche per promuovere la diminuzione della produzione di rifiuto all’origine, ma conto sulla collaborazione di tutti i castellammaresi perché occorre fare ancora di più. Il nostro impegno per rendere il paese più pulito e vivibile è sotto gli occhi di tutti. Raccogliere i rifiuti in forma differenziata significa separarli e dividerli, in modo da poterli inviare agli impianti che ne curano i processi di recupero e riciclaggio. La fase di separazione spetta ai cittadini, i quali, con pochi, semplici e attenti gesti quotidiani, contribuiscono a migliorare la vivibilità del nostro paese. Occorre che prestino la stessa attenzione per il conferimento dei rifiuti indifferenziati”.

IL PORTAVOCE DEL SINDACO
(Annalisa Ferrante)

lunedì 20 aprile 2009

LEGGETE E RIFLETTETE

Sulla nave dei disperati"I nostri tre giorni d'inferno"
"Sarebbe stato meglio morire, così non avremmo sofferto più"

A bordo della Pinar
Neanche da morta, Esceth Ekos, che aveva 18 anni e veniva dalla Nigeria, ha avuto pace. Il suo cadavere con in grembo il corpicino del suo bimbo mai nato, è ancora lì, rinchiuso in un sacco di plastica bianco. Attorno le girano i gabbiani, il vento le scopre il volto. E' quello di una ragazzina che aveva attraversato il mare per cercare un futuro ed una vita migliore, per lei e per il suo nascituro. Ma è morta annegata durante la traversata del Canale di Sicilia. Sembrava che l'odissea dei suoi compagni dovesse finire, quando giovedì è apparso all'orizzonte il mercantile turco Pinar, intervenuto su segnalazione delle autorità di Malta. Invece era solo l'inizio. Quando i 145 immigrati, nigeriani, ghanesi, liberiani e di altre nazionalità, sono stati issati a bordo della Pinar, per quattro notti e tre giorni, tutti sono rimasti prigionieri sulla nave. Fino alla tarda serata di ieri, quando la notizia delle loro incredibili condizioni ha fatto il giro del mondo ed è stato evidente a tutti che la situazione a bordo era drammatica. Tutti stremati, anche il comandante e i dodici uomini dell'equipaggio: avevano paura di perdere il controllo della nave, che scoppiasse una rivolta, con molti immigrati che minacciavano di buttarsi in acqua pur di non restare ancora prigionieri su quel mercantile che li aveva salvati. Siamo saliti a bordo con i colleghi delle Iene, dopo una traversata di oltre due ore a bordo di un gommone con mare forza 4 e con onde che superavano i tre metri. Abbiamo avvistato il Pinar e la corvetta della marina militare italiana Lavinia che la scortava, impedendole di muoversi per non farla attraccare a Lampedusa. Il gommone saltava ad ogni onda. Per qualche minuto abbiamo avuto anche paura di finire in mare. Poi, una volta giunti quasi sottobordo del mercantile, il gommone ha avuto una avaria al motore e siamo rimasti bloccati. Ci hanno soccorso loro, i marinai del mercantile turco che hanno calato una scialuppa, raggiungendoci e trainandoci fin sotto la nave, dove sui parapetti s'erano intanto affacciati decine e decine di extracomunitari, almeno quelli che avevano la forza di farlo. Gli altri sono rimasti sotto le coperte. Stanchi, sfiniti, affamati. E quando siamo saliti a bordo è sembrato di entrare nell'inferno.
Il cadavere della giovane ragazza era sul pozzo di poppa del mercantile accanto a grandi sacchi di immondizia, il fetore che proveniva da quel sacco bianco era insostenibile. Esceth era morta da cinque giorni e dimenticata da tutti, dai governi maltese ed italiano. Soltanto a tarda sera quando alla Pinar è stato finalmente consentito di fare rotta verso la terraferma, Esceth Ekos è stata trasferita dal cimitero a cielo aperto del mercantile turco a bordo di una motovedetta della capitaneria di porto che l'ha poi trasferita a Lampedusa. Le hanno riservato un'accoglienza di riguardo. Per non fare vedere quel cadavere hanno steso dei teli bianchi tra la passerella della motovedetta e la banchina. C'erano poliziotti dappertutto, anche sugli scogli, nessuno doveva vedere quella vergogna, quel cadavere ormai in putrefazione che per cinque giorni è stato in balia di tutto, del vento, del sole, del freddo, dei gabbiani, sepolto in mezzo all'immondizia a poppa del Pinar mentre Malta e Roma litigavano. A bordo, uomini e donne sfiniti, ammalati, ustionati, che non avevano neanche la forza di parlare. Disperati: quasi tutti raccolti a prua della nave, ammassati come carne da macello, in mezzo a bottiglie d'acqua di plastica vuote, cartacce, residui di biscotti e pane che le autorità italiane avevano inviato per non farli morire anche di fame. Quando ci vedono a bordo gli extracomunitari esultano, pensano che siamo venuti a salvarli, a portarli finalmente sulla terraferma. Molti di loro sono scalzi, molti altri non hanno le coperte, ma il girone dell'inferno non è ancora finito. In sala macchine troviamo decine di extracomunitari rannicchiati in mezzo alle coperte, apriamo altri locali della nave che una volta erano cucine, magazzini, ripostigli e alloggi dei marinai, e scopriamo che ci stanno da giorni decine e decine di esseri umani. Ci guardano, non riescono neanche a parlare. Qualcuno, che ancora non è preso dalla disperazione, risponde alle nostre domande. Ma sono loro che sommergono di domande: "Perché ci tengono ancora chiusi qua dentro? Molti di noi stanno male - dice un giovane nigeriano, scalzo e con una coperta addosso - sarebbe stato meglio morire come la nostra amica, così non soffriremmo più. Che abbiamo fatto di male? Siamo fuggiti dal nostro paese per la fame e per la guerra, ci avevano detto che l'Italia e gli italiani sono un paese e gente caritatevole. Aiutateci, fate qualcosa per noi...". Un altro dice che se continua ancora così si butterà in mare e mima un tuffo. Il comandante turco e i marinai del mercantile non dormono da molte notti, sono sempre lì a controllare il via vai, avanti e indietro sul ponte, sopra e sotto coperta. "Non è possibile sostenere questa situazione - si sfoga il giovane comandante turco, Asik Tuygun, 36 anni - noi li abbiamo salvati perché ce lo hanno detto le autorità italiane e maltesi, ma poi hanno abbandonato noi e questi disperati". Accanto a lui c'è il secondo ufficiale di coperta, un giovane turco di 22 anni, Soner Karakas. Ha gli occhi arrossati dalla stanchezza, vigila continuamente, dice agli immigrati che vanno verso poppa di tornare indietro. Alza la voce: "Ma il mio cuore è in pena, vorrei fare di più per loro, invece sono impotente, ci ordinano di stare fermi, bloccati qui, ma è giusto tutto questo?". E' stato proprio lui a recuperare il cadavere galleggiante di Esceth Ekos in mezzo ad altri che si erano tuffati in mare dai barconi e che rischiavano di annegare. "Ma di questa storia non voglio parlare, la vedo lì chiusa nel sacco tutti i giorni con il suo corpo gonfio". A bordo ci sono anche altre due donne incinte, stanno accovacciate nell'alloggio del comandante, è più caldo, più confortevole, ma tutti gli altri stanno all'addiaccio. Hanno passato quattro notti a guardare da lontano le luci dell'isola di Lampedusa. Una delle ragazze incinte parla a fatica: "Salvate almeno questa creatura che porto in grembo, sono incinta di tre o quattro mesi, ancora non lo so, ho sofferto per raggiungere la Libia dove ho aspettato a lungo prima di imbarcarmi. Mi hanno sfruttato, facendomi lavorare come una schiava per mesi e mesi e quando ho raccolto i soldi per pagarmi il viaggio in barca sono partita da Al Zuwara con tutti gli altri. Quando è arrivata la nave turca pensavo di essere salva, invece sono diventata una prigioniera". Poco prima di sera arriva un elicottero della Guardia Costiera, cala a bordo con un verricello, imbracandole, due dottoresse di un'associazione umanitaria, inviate in fretta e furia da Roma, per verificare la situazione che fino a poche ore prima, era definita ufficialmente tranquilla e senza nessun problema. Ma non era così. Le due donne fanno subito una relazione via radio avvertendo il Viminale ed altre autorità, che a bordo della nave la situazione è insostenibile. Via radio continuano a chiamare, anche la Marina Militare italiana, che dice al comandante turco di non fare salire a bordo giornalisti. "Siete arrivati tardi, ormai sono qui a bordo". E poi rivolto ai giornalisti, chiede: "Ma secondo voi, non ho fatto abbastanza?".

giovedì 16 aprile 2009

L'UOMO GIUSTO NEL MOMENTO GIUSTO

CON IL PASSAR DEL TEMPO MI CONVINCO SEMPRE DI PIÙ CHE IL SINDACO BRESCIANI RAPPRESENTI LA PERSONA ADATTA PER TRAGHETTARE IL NOSTRO PAESE E FARLO DIVENTARE UNO DEI PAESI PIÙ' MODERNI DELLA SICILIA .SONO CONVINTO CHE HA LE CAPACITA' MANAGERIALI PER GESTIRE QUESTA FASE DI TRANSIZIONE PER CUI ALLA FINE DEL MANDATO AVREMO UN PAESE MODERNO CHE TUTTA LA SICILIA CI INVIDIARERA'. BISOGNA SOLO DARGLI TEMPO,AVERE UN PO' DI PAZIENSA E SICURAMENTE ALLA FINE CI SARANNO I RISULTATI CHE TUTTI NOI SPERIAMO. A PRESTO MARIO B

NB.SICURAMENTE A QUESTO POST SEGUIRANNO COMMENTI NEGATIVI ,CIO' FA PARTE DELLA DEMOCRAZIA.

giovedì 9 aprile 2009

FINE DELLE TRASMISSIONI

AD UN ANNO DALLE ELEZIONI AVENDO MODESTAMENTE CONTRIBUITO AL RINNOVAMENTO DELLA POLITICA CASTELLAMMARESE ,PENSO CHE IL MIO COMPITO E' FINITO PER CUI MI ACCINGO A CHIUDERE IL BLOG.

NB. A MENO CHE NON CI SIA UN MIO RIPENSAMENTO.